lunedì 18 agosto 2025

Agner, Spigolo Nord "Gilberti-Soravito" (1600 m, VI-)

Zona: Valle di S.Lucano
Sviluppo: circa 1600 m
Esposizione: NW
Tempo: 12-18 h
Difficoltà: VI-
Discesa: a piedi
Materiale: NDA, serie di friend.
Protezioni: chiodi
Relazione consigliata

Introduzione storica

Come riportato nell'esaurita guida del 2004 "Agner-Croda Granda" di Paolo Mosca, l’itinerario viene descritto come «arrampicata classica di straordinaria bellezza, su ottima roccia, che sale per il più lungo spigolo delle Dolomiti. L’itinerario segue nella prima parte un grande avancorpo ricoperto di mughi sul filo dello spigolo, nella seconda parte la destra dello spigolo». Aggiungiamo noi che la "straordinaria bellezza" si può certamente ricondurre dalla seconda spalla, dove finalmente i pini mughi smettono di crescere.
La via fu aperta da Celso Gilberti e Oscar Soravito il 29 agosto 1932, con uno sviluppo di circa milleseicento metri, difficoltà valutate sul IV e V grado con passaggi di V+ e VI-, e un tempo di salita che per i primi salitori fu di circa dodici ore. La prima ripetizione avvenne il 6 e 7 agosto 1936 a opera di Giovanni De Col e Mariano Da Campo. La prima invernale si deve invece a Sepp Mayerl insieme a Reinhold e Hans Messner, che scalarono tra l’11 e il 13 febbraio 1967, seguiti dalla seconda invernale realizzata dal 26 al 28 dicembre 1974 da Franz Gruber, Heini Renzl e Franz Forster.
Non mancarono le salite in solitaria: la prima fu compiuta da M. Fabbri il 24 luglio 1956, seguita dall’impresa di Toni Marchesini l’11 giugno 1964 in sei ore. Qualche mese più tardi, il 1° settembre 1964, Claude Barbier realizzò la terza solitaria in appena quattro ore e dieci minuti, mentre la quarta toccò a Angelo Ursella il 15 giugno 1969, con un tempo di sette ore e trenta. Lo stesso anno, il 13 luglio, Enzo Cozzolino firmò la quinta solitaria in cinque ore e trenta. Il primato rimane quello di Ivo Ferrari, che riuscì a percorrere lo spigolo in solitaria in sole tre ore e quindici minuti.

Schizzo Santomaso

Le nostre impressioni

Per questa grande-course partiamo alle ore 13.00 della vigilia di Ferragosto dal fondovalle, a 800 m s.l.m., con 30°C: non credevamo che in San Lucano si potessero toccare simili temperature. Siamo in cordata da tre, per dividere peso, acqua (5 litri a testa) e lunghezze, e anche per non privarci del piacere di un comodo e romantico bivacco programmato. Il sentiero di avvicinamento, quasi tutto sotto il sole, richiede un’ora e venti fino alla forcella d’attacco, dove troviamo il mitico Berto Lagunàz seduto all’ombra su un sasso: ironico proprietario della Torre e dello Spìz (di Lagunàz), che sarebbero in vendita al miglior offerente. Dopo i convenevoli e qualche risata, ci ragguaglia sulla piramide verde e mugosa sulla quale corre la prima parte della via: «Vardè che non lè un bèl rampegàr», ci avverte, consigliandoci una variante di attacco più diretta alla seconda spalla, salendo da sinistra. Noi, fedeli al tracciato originale, scopriamo però che a differenza di vent’anni fa i mughi sono cresciuti in maniera spropositata: sulla prima spalla, quella del larice secco, non c’è più il bel prato morbido che ricordava il compagno di cordata Giovanni, ma soltanto tunnel intricati sotto ai mughi, scomodi da superare con la corda alla mano. Lo spigolo nord, che dal Col di Prà sembrava una linea netta e verticale, rivela qui la sua vera natura: un lungo serpentone fatto di avancorpi, costole, camini e placche che si inseguono senza continuità. Ogni lunghezza si apre su un’altra, senza mai un termine visibile:  un girone dantesco per alpinisti, dove al termine di ogni tiro sempre più stanchi ci si ritrova costretti a ripartire, in eterno. Le prime lunghezze filano comunque lisce, senza intoppi, salvo qualche indecisione su L6, che sembra essere stata colpita da una frana, fino a raggiungere la cengia alta con i punti da bivacco più spaziosi sotto al fungo di roccia. Arriviamo alle 21, con la frontale accesa. La notte passa serena e riposante, a parte un breve temporale dall’una alle due: ci ripariamo sotto un masso e torniamo a dormire, mentre i ghiri si aggirano famelici, rosicchiando i contenitori del cibo lasciati incautamente fuori dagli zaini. Il secondo giorno inizia alle prime luci. Attraversiamo sotto la variante dei Triestini cercando il canale corretto. Qui vale la regola del “cercare il facile”, immaginando di salire con gli scarponi, e in effetti noi indossiamo ancora le scarpe da avvicinamento. Giunti a una cengia evidente che taglia a metà tutta la parete ovest, la cui sosta è contraddistinta da uno spit di un recente soccorso, puntiamo la fessura-camino evidente, che diventa un riferimento prezioso nel mare di placche. Sopra, le difficoltà calano sensibilmente, e con lunghi tiri raggiungiamo la famosa fessura di “quarto più sostenuto”, il primo vero tiro di soddisfazione: qui Daniele sale da primo, affrontando con decisione la lunghezza continua e sostenuta. Seguiamo poi il traverso per imboccare la fessura chiave con i cunei, che prosegue anche oltre, dove veniamo investiti da due temporali in rapida successione, con pioggia e grandine che ci costringono a rallentare, ma non a fermarci, con cautela, avendo già superato il tratto chiave. Giunti all’ultimo tiro, preferiamo proseguire sulla costola rocciosa piuttosto che entrare nell’umido canale: in breve siamo sull’ampia terrazza ghiaiosa che sostiene la piramide sommitale del "Gigante di pietra", con già in vista i pioli della ferrata che in venti minuti conducono al bivacco Biasin, ancora fresco di vernice per il 150° anniversario della via normale. Dopo la sempre interminabile ferrata del canalone in discesa giungiamo finalmente al Rifugio Scarpa, accolti calorosamente dall’amico e gestore Alessandro, che ci annaffia di "radler" a sancire la fine di una lunga giornata.

Avvicinamento sotto sole cocente

Prima spalla, si procede sotto i mughi

verso la seconda spalla

breve crestina

Primo passo di V

Secondo passo di V

Bivacco

Alla ricerca del giusto canale

Il camino giusto 

Tiro chiave: l'unico unto della via

Dopo il doppio temporale, gli ultimi tiri bagnati

Sulla terrazza, in direzione della ferrata di discesa


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