lunedì 31 luglio 2017

Il ritorno dell'artificiale: Via Aurin

Zona: Brentino, Pale basse
Sviluppo: 125 m
Esposizione: Est
Difficoltà: V+, A2
Protezioni: fix da 8 mm e golfari
Materiale: 23 rinvii, 2 staffe, 2 longe e fifi


Breve ma emozionante via di approccio al mondo dell’artificiale, aperta dal leggendario D. Filippi, quindi una vera instituzione del campo. Supera nel suo centro un grande tetto di circa 10 metri molto caratteristico e facilmente identificabile nel settore Mamma Olga sulle Pale Basse (Brentino). Arrampicata mista libera-artificiale nei tratti verticali, protetta da fix da 8 mm, piastrine artigianali e talvolta chiodi e clessidre. Golfarini da 8 mm sul tiro strapiombante e soste con doppio da fix da 10 mm rendono il tutto sicuro ed ideale per il neofita di questa disciplina. Il tiro clou è ben chiodato e non faticoso, all’uscita ci sono alcuni blocchi instabili in concomitanza del chiodo nero, risulta inerbito anche il tratto verticale che porta alla sosta. L’ultimo tiro presenta roccia molto lavorata tipica della zona dei Tessari e al contrario della relazione lo si può benissimo arrampicare in libera. Noi abbiamo optato per l'uscita nel bosco con sosta su albero e facile discesa per il sentieri di accesso alle vie sulla Pala del Boral. Dettaglio tecnico: alcuni fix da 8 risentono dei ripetuti strattonamenti delle staffe e quindi consigliabile portare una chiave inglese per tirarli e rendere così un piacere anche a chi la percorrerà dopo di noi. Buoni staffaggi a tutti.


Primo tiro di arrampicata mista

In arrivo sulla sosta sotto il tetto










giovedì 27 luglio 2017

November Rain (235 m, 6a+)

Zona: Canale, Valdadige
Sviluppo: 235 m
Esposizione: Est
Difficoltà: 6a+
Protezioni: fix e cordini
Materiale: rinvii e materiale per le doppie
Tempo: 3 ore

DISCLAIMER 2024:
La via, dopo la chiusura dell'accesso dal basso a causa del passaggio su proprietà privata, risente della scarsa frequentazione e quindi si trova abbastanza vegetata sulla parte dei tiri iniziali dello zoccolo. 

Potrebbe benissimo essere la via più a sud della valle se si esclude la Chiusa di Ceraino. Senza dubbio la posizione e il panorama sulla piana di Rivoli sono unici nel suo genere, altro plus è dato dal distacco con l’autostrada del Brennero che qui non è tanto fastidiosa come in altre parti. Lo spigolo è caratterizzato da un lungo zoccolo erboso e da severe placche verticali sulla parte alta, superate grazie alla presenza di propizie fessure che le solcano, la roccia si presenta a tratti ottima e a tratti richiede attenzione specialmente sui terrazzini detritici dove bisogna evitare di muovere sassi. In ogni caso i tiri impegnativi sono stati attrezzati misti spit/cordoni rigorosamente dal basso. I tiri facili sono rimasti attrezzati in stile alpinistico. Le difficoltà non sono mai continue rendendo così piacevole l’arrampicata. L'avancorpo per pareidolia ricorda vagamente la testa di un elefante grigio dormiente e l’occhio chiuso è rappresentato da un pronunciato tetto bianco; la via corre sulla proboscide (nord).

Avvicinamento: Parcheggiata l’auto nel posteggio della falesia di Serpele, raggiungere la falesia del Cubo per mulattiera e tracce, già in vista delle prime case di fraz. Canale. Arrivati sulla radura antistante la falesia individuare, sulle placche lavorate, l’ultima sosta della via dalla quale si fa la prima corda doppia (40 m) (45°35’14.7”N 10°49’36.2”E). Una volta giunti a fianco di una nicchia con grande pianta effettuare la seconda doppia fino ad una grande cengia (30 m). Da qui seguire i bolli azzurri e poi quelli rossi fino alla base del ghiaione quindi ad un traliccio metallico. Tenere la destra (verso sud) su traccia fino ad individuare l’attacco, che si trova dopo un tornante, alla vostra sinistra (faccia a nord). Scritta azzurra alla base.

Potrebbe benissimo essere la via più a sud della valle se si esclude la Chiusa di Ceraino. Senza dubbio la posizione e il panorama sulla piana di Rivoli sono unici nel suo genere, altro plus è dato dal distacco con l’autostrada del Brennero che qui non è tanto fastidiosa come in altre parti. Lo spigolo è caratterizzato da un lungo zoccolo erboso e da severe placche verticali sulla parte alta, superate grazie alla presenza di propizie fessure che le solcano, la roccia si presenta a tratti ottima e a tratti richiede attenzione specialmente sui terrazzini detritici dove bisogna evitare di muovere sassi. In ogni caso i tiri impegnativi sono stati attrezzati misti spit/cordoni rigorosamente dal basso. I tiri facili sono rimasti attrezzati in stile alpinistico. Le difficoltà non sono mai continue rendendo così piacevole l’arrampicata. L'avancorpo per pareidolia ricorda vagamente la testa di un elefante grigio dormiente e l’occhio chiuso è rappresentato da un pronunciato tetto bianco; la via corre sulla proboscide (nord).

Avvicinamento: Parcheggiata l’auto nel posteggio della falesia di Serpele, raggiungere la falesia del Cubo per mulattiera e tracce, già in vista delle prime case di fraz. Canale. Arrivati sulla radura antistante la falesia individuare, sulle placche lavorate, l’ultima sosta della via dalla quale si fa la prima corda doppia (40 m) (45°35’14.7”N 10°49’36.2”E). Una volta giunti a fianco di una nicchia con grande pianta effettuare la seconda doppia fino ad una grande cengia (30 m). Da qui seguire i bolli azzurri e poi quelli rossi fino alla base del ghiaione quindi ad un traliccio metallico. Tenere la destra (verso sud) su traccia fino ad individuare l’attacco, che si trova dopo un tornante, alla vostra sinistra (faccia a nord). Scritta azzurra alla base.

1° TIRO  - Salire verticalmente il diedro, usciti sostare su pianta (consigliato per l’attrito) o proseguire salendo verso destra e sostare su clessidra attrezzata con cordone.  

2° TIRO  - Spostarsi verso destra e salire un bel pilastrino lavorato con belle fessure "friendabili". Superato il pilastro salire per rampa erbosa fino a raggiungere un ometto. Sosta su pianta. 

3° TIRO  - Salire verticalmente la rampa erbosa fino al termine dello zoccolo fino ad incontrare una sosta con spit+clessidra dove la roccia inizia ad impennarsi. 

4° TIRO  - Parte più succosa della via! Salire la placca grigia fin sotto allo strapiombo giallo, risalire la roccia gialla dopo di che puntare una bella fessura verticale e seguirla. All’ultimo spit consigliamo di uscire a destra e proseguire sul pilastrino roccioso III per un paio di metri e non fare l’uscita più logica sull’ampia cengia a sinistra per la presenza di sassi. Sosta a spit. 

5° TIRO  - Prendere la paretina verticale sullo spigolo, salirla fino ad uno strapiombetto che si evita traversando a sinistra. Verticalmente con qualche risalto detritico fino alla sosta; da qui il paesaggio inizia a farsi interessante.  

6° TIRO  - Tiro di trasferimento, proseguire verso sinistra fino a destra spigolo principale e della parete bianca. Ometti. Sosta su spit. 

7° TIRO - Salire a destra della sosta su un facile ma delicato tratto di III per poi ritornare a sinistra. Salire verticalmente fino al pilastrino con fix poi una divertente placca (fix) con lama rovescia che arriva su un corridoio detritico di qualche metro. Poi un’altra breve placchetta che conduce ad una nicchia + sosta su pianta. Libro di via.

8° TIRO - Ultima lunghezza che conduce alla sommità, dalla sosta su pianta proseguire a sinistra qualche metro fino alla placca e salire subito sempre verso sinistra; attenzione ai grandi massi instabili. Si giunge su un terrazzino, poi un altro facile risalto conduce ad seconda parte pianeggiante; tenere la destra fino a non imboccare il diedro con cordoni. Sosta su evidente placca clessidre + fix + anello.

Rientro per la mulattiera di accesso.











mercoledì 26 luglio 2017

Direttissima Messner, Sasso delle Nove

Zona: Sass dla Crusc
Sviluppo: 370 m 
Esposizione: Sud
Difficoltà: IV e V, pp. V+
Protezioni: Chiodi (pochi) in loco. Soste attrezzate.
Materiale: nda
Discesa:  Per la cresta est, 3 ore fino a Pederù
Tempo: 2,30 / 3 ore la via


La parete sud del Sass da les Nu è una immane placconata, appoggiata inizialmente, poi via via più verticale, come una colossale onda pietrificata. La parte superiore è interrotta da degli strapiombi ad arco e solcata da un sistema di diedri. Il colpo d'occhio è unico! 
A 70 m dall'attacco una cengia percorre tutta la parete, terminando a sinistra su un bellissimo diedro che risale per due tiri fino a una seconda cengia.
L'accesso è lungo: se si parte da Pederu' bisogna contare un avvicinamento di 4 ore e 1200-1300 m di dislivello. L'ideale sarebbe pernottare in uno dei rifugi dell'Alpe di Fanes. Di qui 1 e 45 all'attacco, dapprima lungo il sentiero 7, poi senza percorso obbligato, per pascoli e terreno carsico, in direzione della lontana parete. 
La Direttissima Messner segue una linea retta ed elegante, sulla verticale della cima, inizialmente lungo la grande placconata, sfruttando una colata appena accennata, poi risalendo i due diedri (il primo più marcato, il secondo meno) sulla destra degli strapiombi ad arco. Alle soste si trovano sia protezioni moderne (2 spit o spit + ch) sia classiche; sui tiri 2-3 ch., qualche spit ogni tanto. Facile integrare solo sui diedri finali, mentre sulla placca soltanto dentro qualche rigola più profonda. 
Bisogna considerare che circa a metà placconata una via attraversa verso sinistra.
L'arrampicata è di placca e di diedro, su roccia eccezionale e compatta nella parte bassa, comunque buona in alto. Il grado è spesso V, con qualche passo forse di V+, ma mai faticoso. 
Nonostante i suoi 370 m circa la via è molto veloce, date le sue caratteristiche: roccia, necessità di andare spediti senza potersi proteggere, linearità. Noi ci abbiamo messo 2 ore.
La discesa segue la cresta verso est e porta molto lontano dall'attacco. 
Effettivamente non si trovano molte relazioni di questa via, ma la vera chiave interpretativa sta nel puntare al marcato diedro con stratificazioni verticali, appena sulla destra della cima. 





venerdì 21 luglio 2017

Grandes Jorasses: Whymper Ridge & Via Normale

Zona: Val Ferret, Rif. Boccalatte
Dislivello: +2630 m, 1400 m la via
Esposizione: SW
Difficoltà: AD
Protezioni: friends medi
Materiale: alpinistico completo
Discesa: Via normale
Tempo: 17 h


Un sogno realizzato, una delle vie normali più difficili e complesse delle Alpi, passando per il rifugio più antico delle Alpi, il Boccalatte, anno di erezione 1880 su suggerimento dello stesso Whymper. Un rifugio ricco di storia, unico nel suo genere per posizione ed esposizione, un nido d'acquila con un trrazzo a 400 metri sul ghiacciaio di Plampiceaux, "qui è morto il famoso alpinista cieco Toni Gianese" mi racconta il simpaticissimo gestore Franco Perlotto, "prima del restauro del rifugio non c'era il parapetto in legno ma solo un cordino" continua "inoltre abbiamo portato via molti sacconi di rifiuti con l'elicottero addirittura certi alpinisti defecavano all'interno del rifugio", tutto questo ha portato ad un graduale abbandolo della via normale da parte delle Guide vista la mancanza di un punto di appoggio utilizzabile. Dal 2016 grazie alla volontà del Cai Torino, e dopo un lavoro di 4 anni a porteriori, il rifugio è finalmente fruibile e la via normale inizia ad essere affollata come un tempo.  Ritornando alla nostra via, in aggiunta alle innumerevoli relazioni presenti in rete, mi sento di consigliare la salita per la Whymper Ridge (o Rochers Whymper), ovvero la via su cresta rocciosa percorsa dai primi pionieri per raggiungere le sommità delle Grandes Jorasses, meno esposta ai pericoli oggetti certamente, ma vista l’ora a cu si effettua la salità (molto presto, partenza alle 2.00 dal Rifugio) tali pericoli non sono così marcati. Lo sono invece al rientro per il riscaldamento del manto nevoso, in particolare il traverso che separa la cresta detta Reposoir e i Rochers è sottoposta a scariche di sassi, e la reputo ben più pericolosa del traverso che si fa in discesa sotto al serracco Whymper ormai caduto nel 2014.

I passaggi delicati su serracchi e ponti di neve precari da segnalare sono:

-Ponte di neve  prima del Reposoir,
-Ponte e serracco dopo il Reposoir (qui al ritorno ci siamo calati su corpo morto perchè la neve era veramente marcissima),
-Terminale per raggiungere i Rochers Whymper dopo il traverso.


Nel complesso la via ha un ampia sezione di arrampicata e disarrampicata su ottimo granito a blocchi , raramente instabili, con passaggi aggirabili che vanno dal II al V da affrontare in conserva assicurata con friend medi e cordini.

















giovedì 20 luglio 2017

Balla coi Becchi: la prima ripetizione

Zona: Canale, Valdadige
Sviluppo: 135 m
Esposizione: E
Difficoltà: 6c+
Protezioni: Fix
Materiale: Corda singola e 12 rinvii
Discesa: sentiero
Tempo: 3 h


Pubblichiamo qualche foto della prima ripetizione integrale della via “Balla Coi Becchi” aperta da noi nel mese di Aprile a Canale, effettuata dal nostro amico Lino Sganzerla & compagno.
Il grado obbligatorio del terzultimo e penultimo tiro è stato ammansito ad un 6c+, l’accesso avviene scendendo dalla Via November Rain e la discesa avviene anch'essa in discesa dalla mulattiera che percorre il crinale del Cordespino.
La relazione integrale descrittiva la si può trovare nella guida "V per Valdadige", presente su questo blog alla pagina "Pubblicazioni". Buone ripetizioni.











giovedì 13 luglio 2017

Flash 1918 alla Torre dell'Osservatorio

Zona: Piccole dolomiti
Sviluppo: 5 lunghezze, 95 metri
Esposizione: O
Difficoltà: 6a+
Protezioni: Fix
Materiale: Corda singola e 12 rinvii
Discesa: Doppia da 45
Tempo: 2 h

Breve e facile arrampicata, ottima per concatenamenti con vie sul Terzo Apostolo, siamo in Piccole Dolomiti, località Campogrosso sul sentiero che porta al Passo del Baffelan. L’esposizione ad Ovest permette di evitare le tipiche nebbie prealpine che contraddistinguono questa zona. L’attacco è posto poco sopra al sentiero, al centro della parete della Torre dell’osservatorio con una scritta rossa alla base, breve ghiaione di accesso.
Il primo tiro supera subito uno strapiombetto che porta su una cengia poi per facile arrampicata verticale su buona roccia si arriva alla sosta attrezzata a fix con anello sotto ad un masso.
Secondo tiro in traverso ascendente verso sinistra su roccia entusiasmante, segue un camino con un pò di detrito (attenzione ai passanti sotto) che conduce alla sosta sempre a fix con anello.
Terzo tiro di collegamento alla parete su pendio detritico, non smuovere sassi in presenza di escursionisti.
Il quarto tiro è la lunghezza simbolo della via: fessura gialla e compatta verticale, visibile dal basso, che supera con eleganza la paretina di testa della torre, “purtroppo” è ottimamente spittata perché potrebbe alloggiare dei sicurissimi friends, attenzione all’uscita in sosta, singolo passo friabile.
L’ultimo tiro con pochi metri di cresta conduce alla sosta di calata che con 45 m porta alla base. Si scende per traccia fino al sentiero passando dai pressi della galleria che conduce al pertugio di osservazione che spunta dalla parete dal quale la torre prende il nome.



vista dall'attacco

Primo tiro

Prima sosta

Secondo tiro


Tiro di trasferimento detritico

Il bellissimo tiro in fessura



venerdì 7 luglio 2017

Il Pentagramma della Pala del Rifugio

Via Gogna o del Pentagramma

Zona: Val Canali, Pala del Rifugio
Sviluppo: 550
Esposizione: sud
Difficoltà: p VI, pp V+/V
Protezioni: chiodi e clessidre
Materiale: set di friend, nuts, cordini
Discesa: sentiero, poi tracce fino alle doppie (6)
Tempo: 1.5h fino all'attacco, 7h la via, 3h alla macchina

23 giugno 2016, accordo con Simone il ritrovo alle 4.30 al casello, destinazione: Pale di San Martino, Val Canali nello specifico. Sono assonnato ma non abbastanza per capire che sarebbe stato un grande giorno. L’andata è occasione per esaminare le varie ipotesi messe sul piatto i giorni precedenti: Gadenz o Wiessner sulla Cima del Coro oppure lo spigolo Gogna sulla Pala del Rifugio. La prima e la seconda sembrano non garantire molta continuità, mentre la terza sembra essere la miglior candidata. La conversazione viene interrotta spesso da lunghi silenzi riflessivi dove Simone mi dà modo di analizzare i vari aspetti tecnici dell’itinerario. Per me è la prima via di una certa lunghezza, sono gasato ma allo stesso tempo non così fiducioso possa essere alla mia portata. 
Arrivati al parcheggio prepariamo il materiale, smezziamo i pesi negli zaini e partiamo per una quarantina di minuti fino ad incontrare il Rifugio Treviso; da qui poi altri tre quarti d’ora su un sentiero irto a zig zag tra i mughi fino all’attacco della via. Individuiamo subito il camino iniziale, ottimizziamo il necessario in uno zaino e andiamo in esplorazione alla ricerca del primo punto di sosta citato nella relazione. Decido di partire io ma una volta arrivato a 8 metri circa dalla partenza mi guardo un po’ attorno e mi convinco sempre più che di lì non possa passare. Simone poco prima aveva scovato un cordone nero più a destra così dopo una breve consultazione disarrampico per ripropormi su quest’altra linea immaginaria fino al famigerato cordone. Proseguo traversando verso destra aiutato da una lama in rovescio ma il tutto mi sembra abbia un ritmo un po’ troppo sostenuto rispetto al IV in relazione. L’esposizione e la progressione con piedi dentro la parete e le mani più esterne mi dà un bel po’ di pepe; piazzo qualche protezione intermedia ma tengo il pensiero fisso sull’uscita di questo tratto angusto e avanzo senza sprecare troppe energie. Arrivo su una cengia erbosa, attrezzo una sosta e recupero Simone tirando un sospiro di sollievo. Di lì l’ascesa prosegue attraverso un bel diedro per niente banale, che regala passaggi interessanti per poi calare di intensità fino ad una comoda sosta. La terza lunghezza aggira un’enorme spuntone per poi riattraversare orizzontalmente su una cengia fino alla sosta, 2 ch. con cordone. Simone parte quindi su L4 non ritrovandosi perfettamente nella relazione; ad ogni modo giunge alla sella tra il Dente del Rifugio e la Pala attraverso roccia articolata. La roccia qui cambia drasticamente aspetto, passando da spuntoni svasi e prese levigate ad una placca molto estetica che si sviluppa verso destra e successivamente in verticale su una zona ricca di fessure e prese più nette. Il traverso della quinta lunghezza è esaltante, regala una progressione di equilibrio che richiede delicatezza e precisione.  L6 prosegue sul verticale, obliquando poi verso destra nuovamente in un canalino facile fino a 1 ch. e poi verticalmente in una divertente arrampicata di opposizione fino a giungere su una ampia e comoda cengia con vista panoramica. Su L7 continuo l’ascesa sulla verticale trovando una roccia lavoratissima che da l’imbarazzo della scelta ma….uno spuntone mi rimane in mano e riesco comunque ad evitare quello che sarebbe stato un volo con la V grande, avendo come ultima protezione un friend a 5m sotto ai piedi. L’adrenalina sale a mille ma riesco comunque a domare il momento e razionalmente raggiungo un buon punto dove sostare; probabilmente sono leggermente fuori via in quanto la sosta dovrebbe trovarsi sotto un terrazzo erboso ed io mi trovo in una nicchia… forse dovevo mantenere più la destra. Recupero Simone che, dopo aver scaricato lo zaino si fornisce di friend e rinvii e riparte rapidamente. Qualche minuto più tardi sarà lui ad avere qualche brivido, io da sotto sento un forte rumore ma non riesco a capire cosa sia accaduto; ad ogni modo la corda procede lentamente fino ai tre strattoni alla gialla, segno che è giunto alla sosta successiva. Anche questa lunghezza ha qualche passaggio interessante, e lo evinco anticipatamente dalle tracce di magnesio sulle prese. Alla sosta Simone mi conferma di aver rischiato il volo a sua volta in quanto una presa gli è rimasta in mano, causando il distacco di un masso più importante. L9 viaggia su una cresta erbosa ma non ci è chiaro dove finisca il tiro: gli elementi descrittivi della relazione tornano ma le lunghezze non sono per niente veritiere. Una volta obliquato a sinistra individuiamo il lungo camino descritto nella relazione e Simone lo affronta lateralmente in quanto le difficoltà non ci danno molta fiducia e , come sugli ultimi tiri percorsi, le protezioni sono praticamente assenti. La variante ha comunque il suo perché ma per lo meno ci fa giungere ad una sosta con 2 ch. su una placca giallo-grigia. Rileggiamo la relazione e capiamo che siamo in via ma su una probabile sosta intermedia aggiunta successivamente; optiamo per la sinistra assecondando uno spigolo molto esposto che conduce ad un naso da superare con determinazione. Le difficoltà poi calano e si avanza sul filo di una spaccatura andando un po’ a destra e un po’ a sinistra molto liberamente fino ad una comoda cengia erbosa fornita di clessidre. Il meteo inizia ad incupirsi ma sappiamo che siamo ormai arrivati. Le due lunghezze successive ci portano alla vetta! Foto di tiro e via sulle tracce del rientro in direzione Vallone delle Mughe. C’è da percorrere dapprima un sentiero molto segnato a tratti rossi per una decina di minuti, poi un tratto molto marcio in discesa che richiede attenzione fino a trovare il primo anello di calata. Da lì poi con sei doppie (una molto esposta) si ritorna sulle tracce dell’andata, recuperiamo il mio zaino e ritorniamo verto il rifugio iniziando a sentire la stanchezza sulle gambe. Beviamo qualcosa per rinfrescarci, firma sul libro del rifugio e via alla macchina. 
Grazie a Simone per avermi fatto conoscere questo angolo delle Dolomiti, un paesaggio singolare che non può mancare nel curriculum di un alpinista.


C. Confente