lunedì 25 agosto 2025

Monte Baldo, Via Madrigal Meridian (140 m, V-)

Zona: Cima Prà della Baziva (2207 m)
Sviluppo: 140 m
Esposizione: W
Tempo: 4 h
Difficoltà: V- 1 passo
Discesa: a piedi
Materiale:  singola, friend & nuts, chiodi inutili

La Cima Prà della Baziva rappresenta la seconda elevazione della catena del Monte Baldo, situata tra Cima Valdritta e Punta Pettorina. Sul versante ovest presenta alcuni scivoli rocciosi, moderatamente inclinati e lunghi un centinaio di metri. In passato, secondo gli apritori, questi tratti sono stati probabilmente percorsi come terreno di allenamento da cordate locali.
Nell’estate del 1990 Davide Martini e Alessandro Savoia, entrambi del CAI di Mantova, riscoprirono questi divertenti scivoli, li attrezzarono e ne pubblicarono la relazione sulla Rivista del CAI, tracciando due vie: Tangram e Madrigal Meridian. La prima, più facile, corre lungo il bordo sinistro della placconata rotta, misura circa 150 metri e propone difficoltà discontinue fino al IV. La seconda, che affronta la placca centrale più compatta, presenta un passo di V- con uno sviluppo analogo. Federico Allegrini, che conservava memoria di alcune ripetizioni di quegli anni e aveva ritrovato lo schizzo originale disegnato di suo pugno, ha riacceso il mio interesse e si è proposto per una ripetizione, a distanza di 35 anni, della più interessante dal punto di vista alpinistico: Madrigal Meridian. L’esperienza, compreso l'avvicinamento per il divertente Vajo Paradiso e Cresta del Gal,  ha confermato il valore della via, rivelatasi molto ben proteggibile con friends. Abbiamo rinvenuto tre chiodi di sosta e cinque chiodi di passaggio, esattamente come riportato nello schizzo originale. La roccia, in generale solida e affidabile, viene mantenuta ripulita dalle valanghe; solo nei tratti più appoggiati ed erbosi si incontra qualche piccolo detrito.

Accesso: Proveniendo da Ferrara di Monte Baldo si oltrepassa Cavallo di Novezza e si parcheggia lungo la SP3 nella piccola area dove parte il sentiero n°652, il quale sarà il nostro rientro. Si prosegue a piedi per strada asfaltata fino ad incontrare sul lato sinistro un foro di scolo con tre sbarre metalliche e recintato da una ringhiera in ferro: qui inizia il Vajo Paradiso. Lo si segue nel fondo roccioso per ripulito ed appigliato con passaggi di II-III fino all'altezza della prima evidente torre della Cresta del Gal, visibile sulla destra, guadagnando velocemente 100 metri di quota.
Si abbandona quindi il vajo per traccia a destra che cinge la torre sul lato sinistro, e seguendo sempre le tracce (passi di II), sempre fedelmente in cresta, si raggiunge il sentiero 651 a quota 2000 m. Lo si segue brevemente verso sud fino ad arrivare alla forcella di Val Fontanella dove sono visibili alcuni monotiri e dove è presente la famosa "acquasantiera". Si scende per ghiaione attraversando verso sinistra fino alla base delle placche ora ben visibili. Nel punto più basso attacca Tangram, si risale pochi metri verso la placca più compatta, sulla verticale di un tetto dove attacca Madrigal Meridian. 1 ora e 30.

Descrizione:
L1. Salire la placca sul suo margine sinistro per proteggersi sulle generose fessure. Sosta oltre un piccolo mugo (chiodo con anello + spuntone) 50 m, III, IV.
L2. Seguire la fessurazione ora in centro placca (chiodo) fino al suo termine (chiodo), qui si attraversa a destra in aderenza (V-) per prendere il diedro che si segue fino alla cengia ghiaiosa. Sosta su 2 chiodi. 50 m.
L3. Salire in verticale su placca aperta (2 chiodi) per poi spostarsi in diedro a destra (chiodo), fino ad uscire poco sotto alla cima dove si sosta su spuntone. 40 m, IV.

Discesa: raggiunta la cima Prà della Baziva per breve cresta si continua per traccia fino al sentiero 651 che si abbandona subito per il n° 66 della Val Campione, il quale permette di perdere velocemente quota tra i mughi. All'intersezione con il n° 652 prendere quest'ultimo verso sinistra e raggiungere il parcheggio per ombrosa faggeta.

La parete con il tracciato di Tangram non ancora verificato

La cima Prà della Baziva

L3

L2

L1

Attacco

Acquasantiera

Cresta del Gal

Cresta del Gal

Torri della Cresta del Gal


Placca chiave del Vajo Paradiso

Punto in cui si abbandona il vajo

lunedì 18 agosto 2025

Agner, Spigolo Nord "Gilberti-Soravito" (1600 m, VI-)

Zona: Valle di S.Lucano
Sviluppo: circa 1600 m
Esposizione: NW
Tempo: 12-18 h
Difficoltà: VI-
Discesa: a piedi
Materiale: NDA, serie di friend.
Protezioni: chiodi
Relazione consigliata

Introduzione storica

Come riportato nell'esaurita guida del 2004 "Agner-Croda Granda" di Paolo Mosca, l’itinerario viene descritto come «arrampicata classica di straordinaria bellezza, su ottima roccia, che sale per il più lungo spigolo delle Dolomiti. L’itinerario segue nella prima parte un grande avancorpo ricoperto di mughi sul filo dello spigolo, nella seconda parte la destra dello spigolo». Aggiungiamo noi che la "straordinaria bellezza" si può certamente ricondurre dalla seconda spalla, dove finalmente i pini mughi smettono di crescere.
La via fu aperta da Celso Gilberti e Oscar Soravito il 29 agosto 1932, con uno sviluppo di circa milleseicento metri, difficoltà valutate sul IV e V grado con passaggi di V+ e VI-, e un tempo di salita che per i primi salitori fu di circa dodici ore. La prima ripetizione avvenne il 6 e 7 agosto 1936 a opera di Giovanni De Col e Mariano Da Campo. La prima invernale si deve invece a Sepp Mayerl insieme a Reinhold e Hans Messner, che scalarono tra l’11 e il 13 febbraio 1967, seguiti dalla seconda invernale realizzata dal 26 al 28 dicembre 1974 da Franz Gruber, Heini Renzl e Franz Forster.
Non mancarono le salite in solitaria: la prima fu compiuta da M. Fabbri il 24 luglio 1956, seguita dall’impresa di Toni Marchesini l’11 giugno 1964 in sei ore. Qualche mese più tardi, il 1° settembre 1964, Claude Barbier realizzò la terza solitaria in appena quattro ore e dieci minuti, mentre la quarta toccò a Angelo Ursella il 15 giugno 1969, con un tempo di sette ore e trenta. Lo stesso anno, il 13 luglio, Enzo Cozzolino firmò la quinta solitaria in cinque ore e trenta. Il primato rimane quello di Ivo Ferrari, che riuscì a percorrere lo spigolo in solitaria in sole tre ore e quindici minuti.

Schizzo Santomaso

Le nostre impressioni

Per questa grande-course partiamo alle ore 13.00 della vigilia di Ferragosto dal fondovalle, a 800 m s.l.m., con 30°C: non credevamo che in San Lucano si potessero toccare simili temperature. Siamo in cordata da tre, per dividere peso, acqua (5 litri a testa) e lunghezze, e anche per non privarci del piacere di un comodo e romantico bivacco programmato. Il sentiero di avvicinamento, quasi tutto sotto il sole, richiede un’ora e venti fino alla forcella d’attacco, dove troviamo il mitico Berto Lagunàz seduto all’ombra su un sasso: ironico proprietario della Torre e dello Spìz (di Lagunàz), che sarebbero in vendita al miglior offerente. Dopo i convenevoli e qualche risata, ci ragguaglia sulla piramide verde e mugosa sulla quale corre la prima parte della via: «Vardè che non lè un bèl rampegàr», ci avverte, consigliandoci una variante di attacco più diretta alla seconda spalla, salendo da sinistra. Noi, fedeli al tracciato originale, scopriamo però che a differenza di vent’anni fa i mughi sono cresciuti in maniera spropositata: sulla prima spalla, quella del larice secco, non c’è più il bel prato morbido che ricordava il compagno di cordata Giovanni, ma soltanto tunnel intricati sotto ai mughi, scomodi da superare con la corda alla mano. Lo spigolo nord, che dal Col di Prà sembrava una linea netta e verticale, rivela qui la sua vera natura: un lungo serpentone fatto di avancorpi, costole, camini e placche che si inseguono senza continuità. Ogni lunghezza si apre su un’altra, senza mai un termine visibile:  un girone dantesco per alpinisti, dove al termine di ogni tiro sempre più stanchi ci si ritrova costretti a ripartire, in eterno. Le prime lunghezze filano comunque lisce, senza intoppi, salvo qualche indecisione su L6, che sembra essere stata colpita da una frana, fino a raggiungere la cengia alta con i punti da bivacco più spaziosi sotto al fungo di roccia. Arriviamo alle 21, con la frontale accesa. La notte passa serena e riposante, a parte un breve temporale dall’una alle due: ci ripariamo sotto un masso e torniamo a dormire, mentre i ghiri si aggirano famelici, rosicchiando i contenitori del cibo lasciati incautamente fuori dagli zaini. Il secondo giorno inizia alle prime luci. Attraversiamo sotto la variante dei Triestini cercando il canale corretto. Qui vale la regola del “cercare il facile”, immaginando di salire con gli scarponi, e in effetti noi indossiamo ancora le scarpe da avvicinamento. Giunti a una cengia evidente che taglia a metà tutta la parete ovest, la cui sosta è contraddistinta da uno spit di un recente soccorso, puntiamo la fessura-camino evidente, che diventa un riferimento prezioso nel mare di placche. Sopra, le difficoltà calano sensibilmente, e con lunghi tiri raggiungiamo la famosa fessura di “quarto più sostenuto”, il primo vero tiro di soddisfazione: qui Daniele sale da primo, affrontando con decisione la lunghezza continua e sostenuta. Seguiamo poi il traverso per imboccare la fessura chiave con i cunei, che prosegue anche oltre, dove veniamo investiti da due temporali in rapida successione, con pioggia e grandine che ci costringono a rallentare, ma non a fermarci, con cautela, avendo già superato il tratto chiave. Giunti all’ultimo tiro, preferiamo proseguire sulla costola rocciosa piuttosto che entrare nell’umido canale: in breve siamo sull’ampia terrazza ghiaiosa che sostiene la piramide sommitale del "Gigante di pietra", con già in vista i pioli della ferrata che in venti minuti conducono al bivacco Biasin, ancora fresco di vernice per il 150° anniversario della via normale. Dopo la sempre interminabile ferrata del canalone in discesa giungiamo finalmente al Rifugio Scarpa, accolti calorosamente dall’amico e gestore Alessandro, che ci annaffia di "radler" a sancire la fine di una lunga giornata.

Avvicinamento sotto sole cocente

Prima spalla, si procede sotto i mughi

verso la seconda spalla

breve crestina

Primo passo di V

Secondo passo di V

Bivacco

Alla ricerca del giusto canale

Il camino giusto 

Tiro chiave: l'unico unto della via

Dopo il doppio temporale, gli ultimi tiri bagnati

Sulla terrazza, in direzione della ferrata di discesa


mercoledì 6 agosto 2025

Campofontana: la Falesia del Torla

A pochi minuti dal Rifugio Monte Torla, nel territorio di Campofontana (Selva di Progno, VR), si trova la Falesia del Torla, una palestra di roccia immersa nei faggeti della Lessinia orientale, a quota 1.350 metri e a sbalzo sulla Val d'Illasi. Realizzata tra il 2019 e il 2020 grazie all’iniziativa di Marco Stoppele, alpinista e gestore dell'omonimo rifugio posto a poche centinaria di metri, con la collaborazione di Domenico Ghellere, Michele Campostrini e Nicola Aldegheri, la falesia è frutto di un lavoro di pulizia e chiodatura durato oltre un anno e mezzo. 

Oggi conta 24 itinerari attrezzati, adatti a climber di vari livelli, dai principianti ai più esperti. L’ambiente naturale è di grande valore paesaggistico e la posizione, esposta a ovest, permette di arrampicare comodamente nelle ore pomeridiane. La parete, composta principalmente da placche verticali di calcare marnoso nodulare a tacche e svasi, si asciuga velocemente dopo la pioggia, rendendola ideale per la stagione estiva, da maggio a ottobre.

L'accesso avviene dal paese di Campofontana, raggiungibile dalla Val d'Alpone o dalla Val d'Illasi, proseguire oltre la chiesa per circa 1 km verso località Pagani dove si parcheggia. Proseguire a piedi lungo la strada forestale passando per Madonna delle Lobbie fino al Rifugio Monte Torla (circa 30-40 minuti). Dal rifugio, seguire le indicazioni per la falesia: l’accesso avviene tramite una scalinata in discesa con corda fissa, che attraversa una suggestiva spaccatura nella roccia (la "Torla", da cui prende nome la falesia) antico passaggio pastorale all'alpeggio per gli abitanti delle frazioni sottostanti.

Le vie

Le vie si sviluppano dai 10 ai 30 metri, con gradi dal 4b al 7b. Essendo una falesia recente e non molto frequentata si consiglia di usare il caschetto in quanto qualche sasso potrebbe ancora staccarsi. Inoltre si invita a strappare qualche ciuffo di festuca che potrebbe nascondere prese o ostacolare l'arrampicata. Di seguito l’elenco completo degli itinerari, da sinistra, le più lontane dall'ingresso, a destra le più vicine alla scalinata.

  1. ANDROMEDA, 18 m, 6a+
  2. M87, 15 m, 7a
  3. SOLARIS, 15 m, 7b
  4. CASSIOPEA, 15 m, 6b+
  5. NICO, 18 m, 6b
  6. MATTY, 18 m, 6a
  7. SEMBRA FACILE, 18 m, 5b+
  8. EASTER EGG, 18 m, 6b
  9. DOMINI, 18 m, 6c
  10. MASCI VOLANTI, 18 m, 7c
  11. VOLO D'ANGELO, 10 m, 6b+
  12. MISTER WOLF, 25 m, 6c+
  13. SPIGOLO, 10 m, 5a
  14. SOTTO TETTO, 10 m, 5b
  15. TANA DEL LUPO, 25 m, ?
  16. BAGLIORE DI MAGGIO, 25 m, 6c
  17. BABY SITTER, 15 m, 4b+
  18. SCORPION, 25 m, 6c
  19. NEMICO SEPOLTO, 30 m, 6b+
  20. NIDO D'AQUILA, 30 m, 6b
  21. TORLA, 25 m, 4b
  22. TE PIASE, 10 m, 4b+
  23. FAGGIO, 20 m, 5a+
  24. VIPER, 15 m, 5a+
  25. EGANO, 15 m, 5a
Insegna originale dell'inaugurazione: i gradi sono sballati e si sono sedimentari poi come qui proposti 

Andromeda

Cassiopea


lunedì 4 agosto 2025

Stafflacher Wand: Via Im reich der sonne (VII-, 190 m, VI obb.)

Zona: St.Jodok am Brenner
Sviluppo: 190 m
Esposizione: SE
Tempo: 2 h
Difficoltà: VII-
Discesa: a piedi
Materiale: 
16 rinvii, singola
Protezioni: resinati

Relazione seguita

Sconfiniamo in Austria, anche se di pochi chilometri, alla ricerca di fresco e meteo stabile, e così sarà. Questa via esce dal cappello di Francesco, o meglio, dalla sua consumata guida "Tirol Plaisir". Arrivati nell’ameno paesino di St. Jodok am Brenner, la parete assolata non ci appare così invitante: sembra bassa e piena d’erba. Come possono starci nove lunghezze di corda? Siamo a mezz’ora da Innsbruck, ma il bel calcare delle falesie della capitale del Tirolo qui non si trova: scaleremo su gneiss, come fossimo a Valtournenche, ma a poco più di due ore da casa, e questo è già un valore aggiunto. La parete è attraversata, nella sua fascia alta, da una lunga ferrata, e le quattro vie che qui si sviluppano sono interamente attrezzate con resinati e soste inox da 12 mm Austrialpin. Oltre a qualche monotiro e a una via di drytooling, ci sembra che la valorizzazione di questa parete, che in Veneto sarebbe stata probabilmente ignorata, qui abbia preso una piega opposta, quasi esagerata, come una fiera dell'inox. Ma tant’è: non ci è dispiaciuto più di tanto.
La via e l’arrampicata si sviluppano talvolta con traversi per evitare le zolle erbose, il che costringe a mantenere i tiri brevi per limitare gli attriti. Tacche nette e svasi vanno per la maggiore, e lo spalmo di piedi è d’obbligo. La chiodatura, con resinati posati dall’alto, talvolta pecca in qualche passaggio, dove trovare una posizione favorevole per rinviare non è sempre immediato, ma nel complesso la definirei un’ottima esperienza fuori dal solito tran tran.

Accesso: Dal parcheggio della stazione posto oltre la chiesetta del paese, tornare indietro e seguire le indicazioni per la via ferrata. Passare sotto alla ferrovia quindi costeggiarla e passare di fianco ad una chiesetta e poi sotto a 2 case nel bosco. Salire quindi ripidamente fino all'attacco con targhetta. 15 minuti.

Descrizione:
L1-L2: subito un passo di VI umido, poi traverso a destra oltre un canale per uscire su uno spigolo, saltiamo la sosta per arrivare a quella sopra. Occhio agli attriti. 36 m VI.
L3-L4: Si attraversa la paretina a destra e poi si rimonta un bel pilastro che si aggira a destra. Unire i tiri è sconsigliabile per gli attriti. 40 m V+.
L5: Ancora di traverso a superare un camino, poi placca a svasetti fino ad una piccola cengia. 25 m VI-
L6: Sempre dritti per il muro. 18 m VI
L7: Ancora dritti superando un piccolo strapiombo, poi sosta nei pressi della ferrata. 22 m VI+
L8: Oltrepassare il cavo e poi leggermente a destra, rimontare la placca e poi traverso a sinistra a raggiungere la cengia.  22 m VI+
L9: Rimontare la rampa fin sotto al tetto di VI+, superato, placca facile e bombè chiave finale sotto alla croce. Oltrepassare la croce e sostare su larice. 30 m VII-

Discesa: oltrepassata la croce si continua per tracce nel bosco ripido fino a trovare il sentiero di rientro della ferrata che porta in discesa ad una strada forestale che conduce nei pressi dell'attacco. Evitare di scendere dalla ferrata, anche se più breve, per non trovare chi da li sta salendo.

L8

L5

L7

L8 partenza

La parete con le 2 croci. La nostra è quella di sx