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venerdì 7 luglio 2017

Il Pentagramma della Pala del Rifugio

Via Gogna o del Pentagramma

Zona: Val Canali, Pala del Rifugio
Sviluppo: 550
Esposizione: sud
Difficoltà: p VI, pp V+/V
Protezioni: chiodi e clessidre
Materiale: set di friend, nuts, cordini
Discesa: sentiero, poi tracce fino alle doppie (6)
Tempo: 1.5h fino all'attacco, 7h la via, 3h alla macchina

23 giugno 2016, accordo con Simone il ritrovo alle 4.30 al casello, destinazione: Pale di San Martino, Val Canali nello specifico. Sono assonnato ma non abbastanza per capire che sarebbe stato un grande giorno. L’andata è occasione per esaminare le varie ipotesi messe sul piatto i giorni precedenti: Gadenz o Wiessner sulla Cima del Coro oppure lo spigolo Gogna sulla Pala del Rifugio. La prima e la seconda sembrano non garantire molta continuità, mentre la terza sembra essere la miglior candidata. La conversazione viene interrotta spesso da lunghi silenzi riflessivi dove Simone mi dà modo di analizzare i vari aspetti tecnici dell’itinerario. Per me è la prima via di una certa lunghezza, sono gasato ma allo stesso tempo non così fiducioso possa essere alla mia portata. 
Arrivati al parcheggio prepariamo il materiale, smezziamo i pesi negli zaini e partiamo per una quarantina di minuti fino ad incontrare il Rifugio Treviso; da qui poi altri tre quarti d’ora su un sentiero irto a zig zag tra i mughi fino all’attacco della via. Individuiamo subito il camino iniziale, ottimizziamo il necessario in uno zaino e andiamo in esplorazione alla ricerca del primo punto di sosta citato nella relazione. Decido di partire io ma una volta arrivato a 8 metri circa dalla partenza mi guardo un po’ attorno e mi convinco sempre più che di lì non possa passare. Simone poco prima aveva scovato un cordone nero più a destra così dopo una breve consultazione disarrampico per ripropormi su quest’altra linea immaginaria fino al famigerato cordone. Proseguo traversando verso destra aiutato da una lama in rovescio ma il tutto mi sembra abbia un ritmo un po’ troppo sostenuto rispetto al IV in relazione. L’esposizione e la progressione con piedi dentro la parete e le mani più esterne mi dà un bel po’ di pepe; piazzo qualche protezione intermedia ma tengo il pensiero fisso sull’uscita di questo tratto angusto e avanzo senza sprecare troppe energie. Arrivo su una cengia erbosa, attrezzo una sosta e recupero Simone tirando un sospiro di sollievo. Di lì l’ascesa prosegue attraverso un bel diedro per niente banale, che regala passaggi interessanti per poi calare di intensità fino ad una comoda sosta. La terza lunghezza aggira un’enorme spuntone per poi riattraversare orizzontalmente su una cengia fino alla sosta, 2 ch. con cordone. Simone parte quindi su L4 non ritrovandosi perfettamente nella relazione; ad ogni modo giunge alla sella tra il Dente del Rifugio e la Pala attraverso roccia articolata. La roccia qui cambia drasticamente aspetto, passando da spuntoni svasi e prese levigate ad una placca molto estetica che si sviluppa verso destra e successivamente in verticale su una zona ricca di fessure e prese più nette. Il traverso della quinta lunghezza è esaltante, regala una progressione di equilibrio che richiede delicatezza e precisione.  L6 prosegue sul verticale, obliquando poi verso destra nuovamente in un canalino facile fino a 1 ch. e poi verticalmente in una divertente arrampicata di opposizione fino a giungere su una ampia e comoda cengia con vista panoramica. Su L7 continuo l’ascesa sulla verticale trovando una roccia lavoratissima che da l’imbarazzo della scelta ma….uno spuntone mi rimane in mano e riesco comunque ad evitare quello che sarebbe stato un volo con la V grande, avendo come ultima protezione un friend a 5m sotto ai piedi. L’adrenalina sale a mille ma riesco comunque a domare il momento e razionalmente raggiungo un buon punto dove sostare; probabilmente sono leggermente fuori via in quanto la sosta dovrebbe trovarsi sotto un terrazzo erboso ed io mi trovo in una nicchia… forse dovevo mantenere più la destra. Recupero Simone che, dopo aver scaricato lo zaino si fornisce di friend e rinvii e riparte rapidamente. Qualche minuto più tardi sarà lui ad avere qualche brivido, io da sotto sento un forte rumore ma non riesco a capire cosa sia accaduto; ad ogni modo la corda procede lentamente fino ai tre strattoni alla gialla, segno che è giunto alla sosta successiva. Anche questa lunghezza ha qualche passaggio interessante, e lo evinco anticipatamente dalle tracce di magnesio sulle prese. Alla sosta Simone mi conferma di aver rischiato il volo a sua volta in quanto una presa gli è rimasta in mano, causando il distacco di un masso più importante. L9 viaggia su una cresta erbosa ma non ci è chiaro dove finisca il tiro: gli elementi descrittivi della relazione tornano ma le lunghezze non sono per niente veritiere. Una volta obliquato a sinistra individuiamo il lungo camino descritto nella relazione e Simone lo affronta lateralmente in quanto le difficoltà non ci danno molta fiducia e , come sugli ultimi tiri percorsi, le protezioni sono praticamente assenti. La variante ha comunque il suo perché ma per lo meno ci fa giungere ad una sosta con 2 ch. su una placca giallo-grigia. Rileggiamo la relazione e capiamo che siamo in via ma su una probabile sosta intermedia aggiunta successivamente; optiamo per la sinistra assecondando uno spigolo molto esposto che conduce ad un naso da superare con determinazione. Le difficoltà poi calano e si avanza sul filo di una spaccatura andando un po’ a destra e un po’ a sinistra molto liberamente fino ad una comoda cengia erbosa fornita di clessidre. Il meteo inizia ad incupirsi ma sappiamo che siamo ormai arrivati. Le due lunghezze successive ci portano alla vetta! Foto di tiro e via sulle tracce del rientro in direzione Vallone delle Mughe. C’è da percorrere dapprima un sentiero molto segnato a tratti rossi per una decina di minuti, poi un tratto molto marcio in discesa che richiede attenzione fino a trovare il primo anello di calata. Da lì poi con sei doppie (una molto esposta) si ritorna sulle tracce dell’andata, recuperiamo il mio zaino e ritorniamo verto il rifugio iniziando a sentire la stanchezza sulle gambe. Beviamo qualcosa per rinfrescarci, firma sul libro del rifugio e via alla macchina. 
Grazie a Simone per avermi fatto conoscere questo angolo delle Dolomiti, un paesaggio singolare che non può mancare nel curriculum di un alpinista.


C. Confente










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