Zona: Spitz di Tonezza
Sviluppo: 300 m
Avvicinamento: 35 min
Esposizione: N
Difficoltà: M5-60° 70°
Materiale: NDAÈ ormai venerdì, dopo mille vicissitudini e imprevisti i programmi sembrano assestarsi per il fine settimana. Così mi sento con Paolo che era già d’accordo con Stefano per la salita del vajo nord dello Spitz di Tonezza, mi aggrego. Una volta imbragati si parte in discesa di fronte al tornante dove abbiamo lasciato l’auto nei pressi del P.so della Vena. Fortunatamente un paio di posti sono stati liberati dallo spazzaneve nei giorni seguenti alle nevicate.
Scendiamo il ripido bosco in direzione della SP83 sommersa dalla neve e una volta raggiunta attraversiamo le tre gallerie verso est. Al termine della terza inizia la nostra salita, il canale valanghivo è ben compatto e in breve raggiungiamo l’attacco del vajo, caratterizzato da un enorme antro scuro. Alla base è già scesa una ingente quantità di neve, già consolidata e la sosta di partenza non è utilizzabile perché sommersa dall’accumulo; così a favore di sicurezza attrezziamo una sosta con un chiodo e un friend e che l’avventura abbia inizio.
Parte Stefano che, con qualche esitazione, riesce a guadagnare i primi metri. Troviamo due chiodi abbastanza vicini: ora c’è il passo chiave. Un friend riesce a trovare il proprio posto e con un mix ben ordinato di movimenti il gigante buono riesce a raggiungere il chiodo poco sopra e ad infilarsi nella canaletta. Da li in poi la corda scorre veloce e anche io e Paolo, un po’ infreddoliti, diamo fuoco alle polveri. Paolo se la cava bene con le picche ma io preferisco affrontare il passaggio in arrampicata e riutilizzare gli attrezzi solo per agganciare lo scivolo ghiacciato dell’uscita. Il tiro termina su un chiodo datato, nonché anche la relazione originale invita a rinforzare la sosta. Così integriamo con due chiodi oltre a quello già presente, avendo un occhio di riguardo per chi passerà dopo di noi. L’inizio del secondo tiro è caratterizzato da un altro saltino, più breve del precedente e decisamente meno impegnativo e prosegue poi verso sinistra seguendo la lingua bianca ben compatta fino all’inizio del successivo canale.
Cambio di regia, scambio di corde e si riparte per le ultime lunghezze che mi costringono a rimanere a sinistra del vajo per poter piazzare qualche friend sulla roccia; giungo così ad un punto dove si presentano tre canalette e quella da prendere è a destra, come la relazione riporta correttamente. Non avendo fittoni o corpi morti con me (che consiglio di avere) pianto qualche chiodo abbastanza aleatorio per poter guadagnare metri in quel restringimento più idoneo alla sosta (friend + chiodo, lasciato in loco). L’ultima lunghezza è la più semplice ma non in termini di proteggibilità, infatti il manto del fondo cambia e richiede delicatezza nei movimenti. Si giunge così a rivedere il sole, recupero Paolo e Stefano e dopo la canonica pacca sulla spalla ci rechiamo alla croce per bere un po’ di the caldo e gustarci il panorama.
Per il rientro seguiamo le tracce ben visibili verso ovest fino alla strada di asfalto, nonché al tornante dell’auto.
L’itinerario è breve ma richiede confidenza con gli agganci, in particolar modo sulla partenza. A detta nostra, e anche di altri, il grado corretto per i primi metri è di M5 e non M4 come da relazione originale. Consigliati fittoni, qualche chiodo universale e un paio di friend medio piccoli.
Ad ogni modo una bella avventura che ci ha fatto riassaporare il gusto di un ambiente isolato dove la natura sta furtivamente prendendo il suo tempo immersa in un freddo mare bianco.
Christian Confente