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mercoledì 30 ottobre 2019

Bacio della Morte, prima ripetizione

Il Bacio della Morte è una via di artificiale di concezione moderna, aperta a più riprese dal basso nel rovente Agosto 2018 da Matthias Stefani e Matteo Bertolotti: 100 metri e 5 tiri che però non devono lasciar intendere che si tratti di una via "breve". Supera l'evidente tetto posto al di sotto dell'abitato di Foppiano in Vallarsa, a pochi chilometri da Rovereto (TN). Tetto con la caratteristica di essere interamente fessurato diagonalmente dal punto più profondo fino al suo margine destro, questa è la particolarità che ha spinto lo sviluppo di questo particolare percorso con lunghi sessioni su bat holes e friends.
Un nome certo poco rassicurante per i più scaramantici, nato da una spiacevole situazione verificatasi in fase di apertura, per fortuna senza conseguenze. Parete che infonde timore tanto ai climber quanto ai locals per un grave incidente avvenuto ad un boscaiolo molti anni prima dell'apertura della via. Tentativi di ripetizione sfortunati con cliff che escono e saltano in faccia, fortuosi voli su talon che slabbrano i fori effettuati sulla tenera roccia di concrezione.. forse tutto queste storie hanno contribuito a tener ben alla larga i ripetitori per più di un anno, fino ad oggi, Ottobre 2019.


BACIO DELLA MORTE, UNA VIA PER TORNARE ALLE ORIGINI


Talune volte è solo questione di determinazione oltre ad una buona dose di passione e amicizia. Le ragioni che ci muovono verso nuove avventure a volte sono primordiali, risiedono dentro di noi, proprio nel profondo. In certi momenti serve lasciarsi portare dall’avventura.

“Parete dei sospiri”, “Bacio della Morte” non sono nomi che incutono la massima serenità e rilassatezza a dirla tutta, ma non ci siamo fatti intimorire; c’era brio fin da subito nell’aria, le notti precedenti alla nostra ascesa sono state caratterizzate da molteplici pensieri, un cocktail di paure, ignoto e viaggi mentali.
Abbiamo salito questa via in un paio di riprese, traendo vantaggio dalle puntate vissute sui tiri già guadagnati con tanto sudore. La prima uscita la si può considerare esplorativa, abbiamo trascorso lunghi momenti di meditazione sui cliff e sui friend.. poi, una volta attaccato il secondo tiro, lo sconforto ha avuto la meglio. Un volo a testa su cliff ci ha più che convinto a desistere… proviamo a rifare il bat con il pianta-spit ma la posizione è proibitiva e rimanere sull’ultimo scalino della staffa con entrambe le mani occupate è impossibile, non si passa.  La via ci respinge. Una volta a casa entrambi dobbiamo fare i conti con l’amarezza, non abbiamo pace. Così si prova a riprogrammare la prossima, la fiducia tra di noi non manca ma la collezione di notizie negative non ci rincuora affatto; siamo quasi convinti che ci sia qualcosa di misterioso attorno a tutte queste vicende, le menti iniziano a vagare. La volta successiva abbiamo attrezzatura più adeguata, rifacciamo il bat slabbrato la prima uscita, riusciamo a terminare la lunga serie di cliff, poi finalmente le rinviate sicure, il grido liberatorio, poi ancora i cliff, è un duello tra equilibrio ed irrazionalità, tra la mente ed il cuore. Avanzo ancora ed arriviamo a S2 ma logorandomi le energie e facendo fatica a tenere a bada la testa, come a domare un toro impazzito. Ora siamo sulla seconda sosta, troppe ore per percorrere L1 e L2, si torna a casa, un po’ delusi, un po’ vincitori lasciamo una fissa perché vogliamo tornare! Mescoliamo le sensazioni di questa giornata verticale e ancora una volta pensiamo alle date, all’attrezzatura, alla volontà, agli episodi… poi il meteo positivo e l’adrenalina ancora viva dall’ultima uscita, il dente levato per quella calata. Ritorniamo, risaliamo la corda con le jumar fino a S2, recuperiamo il saccone pieno di attrezzatura e di determinazione. Si parte per il lungo trip sul tetto, Manuel rivive la stessa sensazione di instabilità dei cliff precedenti. Delicatamente ogni friend prende la sua posizione e viene caricato, e passo dopo passo, un sospiro dopo l’altro Manuel giunge alla rinviata sicura e di li a poco alla sosta. Un urlo dilaga nella vallata. Mi preparo, scanso i pensieri, parto determinato. Inizia la danza dei friend, si sentono rumori, scricchiolii, poi tutto si consolida; poi la danza ricomincia fino al friend successivo in un vortice di emozioni indescrivibile. Le gambe penzolano nel vuoto e il livello del tetto mi guarda negli occhi dritto come a dirmi qualcosa. Me la godo, penso al peso, alla gravità, cerco la posizione migliore per rilasciare la protezione precedente, poi ancora scricchiolii…brividi. La testa rimane al suo posto, ora ci sono gli spit, posso raggiungere Manuel in modo più agevole, nonostante la prospettiva e l’esposizione non smettano di pomparmi adrenalina nelle vene. Ci ricompattiamo su S3. Apriamo il libro di via: la prima! Le sensazioni e le lezioni prese nei tiri precedenti unite alla convinzione che ormai il viaggio sia quasi giunto alla fine mi fa piazzare con sicurezza i cliff successivi ed arriviamo alla penultima sosta e poi alla fine di questa avventura. Ora, più che mai, sembra che il tempo e le dimensioni siano distorte, sembra di vivere un déjà-vu. Arriviamo alla macchina, stappiamo la birra e beviamo un grappino. Alla nostra! 
Abbiamo fatto questo breve ma lungo viaggio grazie alla volontà e all’amicizia. Legati in cordata ma al contempo dentro a noi stessi, con la consapevolezza di esserne arrivati in fondo, alle nostre origini.


C. Confente












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