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martedì 3 novembre 2015

Sojo del Fogo, Le do More (125 m, IV)

Zona: Valli del Pasubio
Sviluppo: 5 lunghezze
Esposizione: E
Difficoltà: IV
Chiodatura: Clessidre 
Materiale: 10 rinvii, cordini, friend
Discesa: Doppia da 27 m
Tempo: 2 h
Partecipanti: io, Seba


"..se non fosse per la vegetazione sembrerebbe di essere sulle Pale di S. Martino"

Così scrive Guido Casarotto di questa sulla nuova guida "Piccole Dolomiti e dintorni - Arrampicate scelte". La via in questione si chiama "Le do more" e non si capisce se si tratta di due belle ragazze dai capelli scuri che abbiano percorso questa via oppure delle famose ed illegali salamelle venete al sangue dal colore bruno, usate magari come spuntino dagli apritori. Le difficoltà contenute adatte per lo più ai neofiti non stimolano la ripetizione del rocciatore duro e navigato, ma l'immaginario che evoca la frase del Casarotto porta il pensiero alle crode più ardite tra la Val Canali e la Fradusta.
Così in un pomeriggio dopo i bagordi di Halloween, zaino in spalla e via a provarla..


Arrivati al Passo Pia delle Fugazze proseguire in direzione Ossario, superare la nuova bella  Malga Cornetto (ottime birre e panini), parcheggiare sullo slargo 200 mt dopo a sinistra. Traversare il prato e seguire i bolli a volte gialli, a volte rossi, impossibile perdersi! Al bivio che conduce al Vajo Tricorno tenere la sinistra e per bosco ripido si giunge alla base della parete EST del Sojo del Fogo dove è presente una piccola falesietta chiamata "Montagna Viva", costeggiare la parete a sinistra fino a trovare la targhetta della nostra via.

La roccia dopo i primi metri materializza clessidre una dopo l'altra e siamo presto ripagati dalla gioia di giocare con la roccia in una sorta di caccia al tesoro, così la via proseguendo tra balze e terrazzini mugosi la via ci regala anche qualche saltino strapiombante e verticale che danno un pò di brio alle danze ma purtroppo la discontinuità data dal lungo traverso centrale e la brevità della via lasciano un leggero amaro in bocca. 5 tiri fulminei e siamo sulla vetta della guglia, proprio sopra agli anelli di calata di fronte alla lugubre ma maestosa Punta Cassa da Morto, così chiamata per un masso dalle sembianze di bara che ahimè non abbiamo individuato.  Con una doppia verticale da 27 metri siamo nel Vajo Cassa da morto il quale sarà il nostro sentiero di discesa fino ai pressi dell'attacco della via dove il nostro cerchio si chiude.
Bella roccia e ambiente ma via breve e discontinua vivamente consigliata la prosecuzione della cavalcata sull'antistante Punta cassa da morto che però riserva difficoltà, proteggibilità e chiodatura decisamente più severe. Consigliata la variante dei diedri di destra (spit artigianali), decisamente più classica come stile.

Prima sosta su forcelletta alle luci del tramonto
La parete lavorata del secondo tiro

Recupero dalla seconda sosta

Dal terrazzo della terza sosta

La doppia verticale

Punta Cassa da Morto
Il Vajo di discesa

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